I miei lettori
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I miei lettori

 

Un inaspettato  romanzo, in cui profonde riflessioni esistenziali si intrecciano alle fessure del quotidiano che i protagonisti provano a reinventare, chi con coraggio ed energica disciplina, seppur senza la certezza dell’esito sperato, chi con inettitudine e rassegnazione. Intelligente il modo in cui ha pensato di far svelare il mistero, tenendo vivo l’interesse del lettore sino alla fine, ed egualmente arguta la scelta   del titolo.  Elegante è la scrittura,  ricca di citazioni preziose e pertinenti e di uno stile raffinato e accattivante. Si respirano la sua sensibilità e profonda capacità introspettiva, doti che la rendono così unico nel suo lavoro, con la rara capacità di vedere oltre  quello che i suoi colleghi non  vedono. E’ un libro che permette di dare un fugace sguardo al di la’ della sala d’aspetto della sua clinica, ma anche e ancor piu’ oltre l’ingresso della sua anima, permettendo al lettore di riconoscere, tra le righe, la sua forza, determinazione, competenza, umanità, ma anche la sua fragilità...che la rende umano. L’analisi dei moti dell’animo è acuta, alcune frasi sono di una meravigliosa liricita’, dipinge i rapporti familiari con delicatezza e al contempo precisione rara tramite pennellate profonde ed efficaci; si riconosce la sua persona tra le pieghe delle file di parole  che si susseguono regolari e che scorrono con eleganza e arguta maestria nelle pagine... dolce è l’appagante confusione voluta a tratti tra realtà e sogno.

-Chiara, 3/6/2019

 

i libri sempre,o quasi,portano con sè qualcosa dei loro autori e,pur non potendo dire assolutamente di conoscerLa,avendo avuto modo di apprezzarla nella sua veste professionale,ho ricevuto solo conferme di quanto mi ha trasmesso:un libro garbato,fluido, profondo perchè ricco di spunti di riflessione sulla vita e sui sentimenti che portano il lettore a riflettere,identificarsi. Un libro,la cui lettura,ti dona qualcosa.....

-Paola, 4/6/2019

 

La stesura risente di quelle che sono le abituali incertezze di quella che suppongo, dalla forma, essere un’opera prima, niente che un buon lavoro di editing da parte di una casa editrice o di parziale riscrittura la parte sua non possa ampiamente emendare. In generale l’elemento che più penalizza il testo è una certa lentezza, di cui le fornisco alcuni esempi: a p. 28 lei espone un concetto bello e sentito, ma la scrittura diventa sovrabbondante e la leggerezza si perde, sminuendo quello che era un argomento che aveva bisogno di levità. La descrizione dell’assolo di batteria a p. 92 soffre dello stesso problema: anzichè dare qualcosa alla descrizione, le toglie potenza espressiva, rallentando un ritmo che dovrebbe essere teso.

Un elemento che appesantisce ulteriormente è l’uso frequente di citazioni, che rallentano senza fornire elementi supplementari che davvero permettano di penetrare un’idea, un punto di vista. In qualche caso riesce a evitare la trappola (es. p. 173 la citazione da Nietzsche è ben inserita nel testo), negli altri casi il rischio è generare l’effetto dello studente che vuole a tutti i costi far vedere quanto è bravo. Usare le citazioni è legittimo, ma senza l’ansia che vengano riconosciute (tutte) subito: il gioco interessante è proprio lo strizzarsi l’occhio a vicenda in un tessuto di sottintesi e rimandi tra autore e lettori. Un esempio di alleggerimento in questo ambito è a p. 159: sostituirei il suo "Volo ut sis, così scrive Agostino, appunto" con "è volo ut sis di Agostino", che risulta più incisivo, più asciutto e ugualmente non dà adito a dubbi sulla provenienza della frase. La lunghissima citazione dal Dies irae a p. 131 crea un effetto da "Il nome della rosa" che risulta incongruo, così come il passo in cui si trova la descrizione del mare come infinito, con citazione da Camus, opportunamente sfrondata, avrebbe ben altro impatto.

I dialoghi a volte risultano artefatti: a p. 145 quale coppia di lungo corso si esprimerebbe così nella realtà? Risulta più credibile per un primo appuntamento e non giova al tratteggio dei personaggi. Lo stesso problema si trova, per esempio, a p. 127: "Dopo un deludente incontro col guardiano, Patrizia....". La forma è da discorso indiretto, da descrizione nel corpo del testo, mentre basterebbe davvero poco a dare vita vera alla telefonata ("Guarda, l’incontro con il guardiano è stato una totale delusione e allora Patrizia..."). Come vede, si tratta davvero di qualche colpo di gomma qua e là, anche perché gli elementi positivi non mancano.

La scelta della prima persona, che amo molto, è sempre difficile da gestire, se non pericolosa, e proprio per questo meglio lavorare di sottrazione che di aggiunte. Ci sono dei passi in cui permette un bello scavo, come a p. 87 il lungo discorso su affetto e comprensione o a p. 170 le scuse vere o sognate della madre al figlio, che hanno un piacevole effetto mélo impossibile in terza persona. La parte dove dà il meglio, però, è soprattutto quella finale dei monologhi dell’assassino, probabilmente perché essendo un personaggio privo di riferimenti autobiografici le ha permesso una diversa libertà di azione: la confessione risulta lucida, pulita, priva di sbavature e va dritta al bersaglio.

-Giusi, 5/6/2019

 

Il libro mi è piaciuto molto. Naturalmente, trattandosi di un giallo, quello che mi ha in primo luogo catturato è stato l’enigma, la suspence... tanto che quando dai puri fatti si è passati a considerazioni più generali, ci si è soffermati su personaggi (come il surfista, o la madre malata di Alzheimer, come la mia...) che alla fin fine nella storia non hanno importanza (che c’entra, in fondo, con la vicenda, che quello spenda la sua vita, e perché la spenda, a veleggiare di qua e di là?)... sono rimasta anche un po’ perplessa, perché volevo vedere "come andava a finire" (è quello che ci si aspetta da un romanzo giallo, no?); poi però ho capito (o, almeno, credo di aver capito) che l’Autore non vuole solo scrivere un romanzo giallo, ma un romanzo tout-court, dove la riflessione sulla vita è più importante della soluzione di una vicenda poliziesco-giudiziaria... E infatti, non c’è risposta agli interrogativi: il Nostro sarà assolto o condannato? La casa sarà comprata oppure no? E, se sì, come farà l’altro protagonista a pagarla? L’unica certezza è che il corpo della poveretta non sarà davvero mai trovato, e Celeste dovrà mettersi l’animo in pace.

-Marisa, 25/6/201

 

Come d’accordo le esprimo il mio modesto parere sul suo libro. Inizio col dire che mi è piaciuto molto.

Il lessico ricercato ma scorrevole, la descrizione minuziosa dei particolari, l’accurata analisi interiore dei due protagonisti e quel desiderio ostinato e profondo di dare un senso alla vita mi hanno catturata e ho condiviso i sogni, le paure, le aspirazioni, le emozioni i desideri ecc.

Vere "chicche" i riferimenti a Yeats, Baudelaire, Nietzsche, Kafka, la citazione in latino, le dissertazioni sulla musica. Una miscela ben dosata di cultura che conferisce al libro eleganza e raffinatezza. Cosa rara nei gialli e anche in altri libri.

-Giovanna B., 12/6/2019

 

Buongiorno Mauro, mi spiace averlo letto solo ora, ma forse aspettavo il momento giusto. E l’ho trovato. L’ho letto quasi tutto in treno, in un Genova-Milano andata-ritorno. E le ultime 50 pagine a casa. ’Compromesso con l’assassino’ davvero meritava una lettura concentrata ma tutta d’un fiato. Il suo esordio ufficiale come scrittore non poteva essere a mio avviso più riuscito. Dire che il suo libro è bello suona banale e riduttivo. Per me è molto di più. Evidenzia capacità di scrittura, stile e profondità di pensiero che certamente appartengono a tutta la sua vita, di cui questo felice esito letterario ne è coronamento. Un amore per la conoscenza, un sentire sensibile ed empatico verso un’umanità che stiamo perdendo nel pianeta ormai sciaguratamente globalizzato. Il mio parere è quello di semplice lettore, ma trovo che ha scritto un romanzo che unisce all’avvincente trama (il voler vedere come andrà a finire) una ricchezza di riflessioni filosofiche, un’esplorazione dell’animo umano che ci appartiene, uno sguardo sul nostro mondo interiore ed esteriore lucido, coraggioso e qualche volta disarmante. Una visione critica della società che crea come minimo traumi e nevrosi da cui non sono esenti i due protagonisti, le cui storie sono veicolate da denominatori comuni, da corrispondenze che a poco a poco si disvelano e uniscono nelle loro esistenze di uomini mai menzionati col nome proprio.

Ma al di là di questo ho assaporato il gusto buono della lettura, il piacere di pagine godibili, di abili e poetiche descrizioni paesaggistiche (una per tutte: quella che apre l’ultimo capitolo), di tanti discreti ma importanti richiami a scrittori, poeti, filosofi, musicisti, cantanti (che bello trovare i nomi di Gaber e De Andrè, di Mahler, Nietzsche e, tra i libri di quello scaffale della casa di Altana, Hemingway rappresentato non solo da uno dei suoi capolavori, ma anche dall’equoreo titolo ’Isole nella corrente’ - romanzo che molto ho amato nella vita).

Insomma ho avvertito in quelle pagine la passione di chi le ha scritte come un’ineluttabile necessità dell’anima. È qui che la scrittura si fa grande e universale (cioè utile anche agli altri) se sostenuta, come nel suo caso, dalla capacità artistica. Penso ad esempio al capitolo 14, uno dei vertici stilistici del romanzo, il falotico susseguirsi e sovrapporsi d’immagini oniriche che diventano monologo interiore, chiave di lettura psicanalitica. E alle righe finali che tutto risolvono e nonostante ciò lasciano in sospeso quantomeno il giudizio, nel ’compromesso’ che non potevamo immaginare: quello psicologico, complice e inaspettato, con l’assassino.

I miei complimenti più sinceri e l’augurio (e la speranza) di poterci regalare ancora momenti di lettura così autentici.

-Luca Bertoncini, 13/7/2019